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Niente nel niente, tutto nel Tutto

Non c’è niente nel niente, ma tutto nel tutto, non è un gioco di parole, ma serve a ricordarlo e a ricordarmelo, che la percezione della mancanza è un buco nel sistema, un vuoto di energia, che falsa la realtà dell’essere. Accade fin troppo spesso di rivolgere l’attenzione dentro di noi e non ritrovare chi siamo. Vaghiamo senza meta attorno alla circonferenza che delimita il nostro mondo e stringe un accordo con quello che è fuori, senza mai arrivare al centro, alla nostra vera essenza, dove esiste una libertà senza limiti e uno stato di abbondanza tale, che la nostra mente, non ancora svincolata dai condizionamenti, stenta a comprendere.

Il movimento centrifugo dell’energia ci allontana da noi stessi, si disperde, si svuota della sua brillantezza e trasforma la forza gioiosa del nostro cuore nello sguardo malevolo e nel ghigno sospettoso dello sbocciare dei talenti altrui, facendoci intercettare l’altro come un possibile depredatore delle risorse interne, e neutralizzatore di ogni possibilità di cogliere in noi stessi quel nucleo di latente intelligenza, che richiede di diventare competenza e potere. In questo stato di cose non ci viene poi così facile partecipare alla vita delle persone per trarne il piacere della scoperta, ma è più conveniente ignorare la loro ricchezza per mantenere intatta l’immagine, seppur indistinta, della nostra persona.

Non c’è niente nel niente, conviene saperlo fin da subito, la pochezza delle credenze interne su noi stessi genera la paura di osare richiamare la bellezza che crepita dentro, e di vederla fuori senza sentirci minacciati. Viviamo costantemente protesi verso l’esterno senza mai incontrarci, e disertando noi stessi ci è impossibile comprendere la complessità del nostro essere e la quantità di informazioni che albergano al nostro interno.

Se questo fosse possibile immaginarlo soltanto per un attimo, ci accorgeremmo della portata delle facoltà latenti a nostra disposizione e quanto queste siano impersonali, cioè, vivano al di là dello spazio angusto del sé individuale, e si rendano accessibili a tutti.

Se partiamo da questa suggestione e intuizione profonda possiamo muoverci nella gioia della relazione e nella condivisione del valore che ognuno può mettere in campo. L’esperienza e la qualità peculiare dell’altro, allora, può essere percepita come nostra, perché sottilmente inclusa nell’Unità che ci comprende e stretta da un legame di reciproca relazione. Nella diversità, ogni individuo esprime la propria forza creativa, la sua unicità, la sfumatura di tono che lo contraddistingue e che nell’interezza del quadro cosmico ha un suo preciso intento.

La gioia partecipativa, nello slancio che accoglie il mondo come molteplice espressione continuamente nascente, trasforma il nostro essere, se la sperimentiamo, lo completa, lo perfeziona. In questo movimento metamorfico, il trasferimento di qualità, visioni e gesti, riflessi di ciò che vive segreto nel nostro spazio sacro e profondo, penetra e rivoluziona la nostra condizione umana. La nostra mente si specchia e scopre la sua realtà in potenza e nel farsi tale spaziosità diventa più grande, esce dal suo immaginario confine e si espande.

Ogni particolare forma di linguaggio ci informa della totalità che mai si risolve ed entra prepotentemente dentro di noi come forza che ascende. Nella comprensione di ciò, la gioia può accaderci come scoperta inarrestabile, commozione, meraviglia ed entusiasmo incontenibile. Abitiamo la dimensione dell’abbondanza e la adottiamo come stile di vita integrale, senza divisioni. Non ci identifichiamo più con il ristretto campo del sé, ma ne usciamo diventando un Tutto nel Tutto.

Consapevoli di essere individuali e universali, consideriamo ogni vittoria altrui come il trionfo continuamente emergente della Vita e l’Umanità come l’espressione di un’unica anima che si muove in accordo con il suo insieme.

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